R I T O R N O   D A L   P A S S A T O
23.11.2008

 


Ingresso del convento, come ai tempi di fra Giovanni Battista da Campie, laico cappuccino

<<Fu meraviglioso il concorso delle genti da tutti li casali del contorno, li quali con modo meraviglioso si viddero da tutte le parti venire a vedere e riverire il corpo di fra Giovannibattista…>> .


Oggi come ieri. L’ameno colle su cui è situato il convento di  S. Elia.

Ecco, proprio queste parole mi sono venute in mente quella mattina del 23 novembre 2008 mentre arrivavo con Sebastiano, Cesaria e Mario al convento, o meglio ex convento dei cappuccini di S. Elia. Non credevo ai miei occhi: arrivava gente da tutte le parti e un gran spiegamento  di forze dell’ordine disciplinava il traffico. Ho esclamato:<<ma questo frate riesce a smuovere anche le montagne!>>. Ma non intendevo riferirmi a Giovanni Battista, la cui memoria si era ormai persa negli anni: pensavo, invece, a un frate, “fra fra” per gli amici, che con caparbietà, entusiasmo e soprattutto amore era riuscito a far rivivere la memoria di un suo confratello relegata fino a quel momento in un vecchio e polveroso manoscritto conservato nell’Archivio di Stato di Milano.


Convento di S. Elia. Interno: soggiorno

Tutto è cominciato da lì. Ricordo ancora quel giorno. Avevo appena ricevuto la stampa del microfilm del “Catalogo de’ soggetti più illustri tra’ Cappuccini della provincia d’Otranto”, richiesto tempo addietro nel corso delle ricerche appena iniziate sui cappuccini a Campi Salentina e, un po’ preoccupata perché molte pagine erano illeggibili, mi ero precipitata a informarne “fra fra”. <<Leggi subito, rintraccia Giovanni Battista!>>, erano state le sue parole entusiaste. Siamo stati fortunati, le pagine riguardanti Giovanni Battista erano chiare, leggibili. Ma pensavo che tutto si sarebbe concluso con la trascrizione e successiva pubblicazione del documento.


S. Elia Chiostro del convento

 

 

 

 

 

 

 

 

Il terrazzo del convento … “intento a spalare la neve” al freddo e al gelo

 

Un documento che io leggevo con la curiosità, e anche l’entusiasmo, con cui sempre, nell’ambito del mio lavoro, mi accosto a tutto ciò che mi fornisce dati utili alla ricerca che vado effettuando: simpatico e un po’ matto questo fraticello che anche d’inverno, a piedi nudi, va percorrendo le campagne intorno a Campi; che digiuna sempre e mangia solo un po’ di pane e cipolla; che dorme su nude tavole; che porta sempre <<una cintura tutta piena di punte di ferro … che non fu possibile a potersegli levare né anco dopo la sua morte>>!

Insomma, la lettura della sua vita mi aveva anche divertito. Poi, un giorno, “fra fra” mi ha detto del suo progetto: scavare nella tomba dei frati alla ricerca dei resti di questo suo confratello per trasferirli nel convento di Campi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiesa del convento e pala dell’altare di S. Elia Qui fra Giovanni Battista pregava due o tre ore“dove non era luogo da potersi appoggiare”

Mi sembrava un’impresa difficile da realizzare in poco tempo: era necessario avere le varie autorizzazioni e poi chi avrebbe scavato? <<Boh! – ho pensato tra me e me – chissà se e quando ci riuscirà!>>. Ma da quel momento ho iniziato a “leggere”  la vita di fra Giovanni Battista con occhi diversi, non più solo divertiti.

E così, quando a febbraio sono andata a S. Elia e ho visto i volontari (esumatori? Il termine  
non mi piace molto…) che scavavano delicatamente nella terra portando alla luce ossa, qualche grano di rosario e soprattutto pezzettini di ferro molto simili a quelli che formano un cilicio che avevo avuto modo di vedere nel Museo dei cappuccini di Bari, mi sono emozionata: certamente tra quelle ossa c’erano anche quelle di Giovanni Battista, certamente quei pezzettini di ferro erano ciò che rimaneva del suo cilicio! Il progetto di fra Francesco si stava realizzando veramente!
E poi è arrivato il gran giorno della traslazione al convento dei cappuccini di Campi.
La mattina del 23 novembre, durante la
cerimonia in una chiesa gremita di fedeli giunti da Campi Salentina, Squinzano e Trepuzzi e di autorità, mi guardavo intorno e vedevo fra Giovanni Battista che, lasciato il lavoro nell’orto, correva <<tutto stanco e sudato, sentendosi chiamare dal Sacerdote o dal Sagrestano a servir la Messa>>; lo vedevo pregare per due o tre ore, <<dritto e immobile come una candela (…) in mezo del coro o in mezo della Chiesa, dove non era luogo da potersi appoggiare>>.

E poi fuori, alzando gli occhi verso il terrazzo del convento lo vedevo intento a spalare la neve per il principe di Squinzano e quasi lo sentivo mentre, rimasto al gelo per aver trovato la porta chiusa dai suoi confratelli, invece di spazientirsi, diceva: <<Oh, hanno serrato la porta (…) o Signor mio, e che pene saranno quelle che sentono le povere Anime nel Purgatorio, s’io non posso soffrire questo poco di freddo…>>.

E me lo immaginavo con le sembianze del frate ritratto in un quadro conservato nel convento cappuccino di Campi Salentina che, in occasione del recente lavoro di catalogazione di Maria Rosaria Ingrosso, è stato intitolato “Cappuccino orante” (cfr. I Cappuccini a Campi Salentina, Lecce 2008, pagg. 278-279). Non se ne conosce la provenienza, il secolo in cui è stato realizzato, il soggetto rappresentato, e certamente la sua rappresentazione iconografica non coincide con quella di nessun altro santo o beato cappuccino, ma il suo piede nudo e la posa statuaria in preghiera molto fanno pensare a quanto di lui scrisse l’annalista cappuccino fra Francesco da Pulsano: <<lasciando le suole, andò scalzo tutto il tempo di sua vita, (…) , e nelle nevi e nelli ghiacci, andando sempre a piedi nudi (…) Vegliava molto nell’orattione (…) sempre orava in ginocchio le due o tre hore (…) senza punto muoversi, come se fusse stato una statua di legno o di marmo!>>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                

“A pregare dritto e immobile come una candela”

Allora ho pensato: <<ecco, il fraticello è tornato a vivere grazie a un documento ritrovato, ma grazie soprattutto all’amore e alla caparbietà di un suo confratello che ha letto con gli occhi del cuore!>>.

Rosa Anna Savoia